Fotografia: qualche curiosità!
Il mondo della fotografia riesce a rendersi intrigante agli occhi di tutti, che si tratti di appassionati del settore, di artisti o, semplicemente, di estimatori di paesaggi, colori, pose, ritratti… e sono già due secoli che condividiamo con questa realtà.
Come abbiamo avuto modo di approfondire tempo fa, infatti, la fotografia è nata ufficialmente nel 1839 con il dagherrotipo del francese Louis Mandé Daguerre, che sfruttava lastre di rame argentato ricoperte di ioduro d’argento per sviluppare le immagini.
Ma ci sono chicche e curiosità, proprio riguardanti l’era “vintage” della fotografia, che vale la pena approfondire.
Vecchie foto e niente sorrisi
Può capitare di ritrovarsi davanti le classiche foto in bianco e nero, oppure seppia, con soggetti riluttanti al sorriso e, anzi, sempre piuttosto seriosi. In effetti, c’è da tenere presente che, all’epoca, uno scatto era davvero irripetibile perché ogni foto poteva essere sviluppata soltanto una volta, per cui il ruolo stesso di quell’immagine, a livello personale e sociale, era molto diverso da quello odierno: si trattava, più che altro, di un monito per le generazioni future, un ricordo per nipoti e pronipoti che potessero, così, conservare per sempre l’immagine dei propri parenti più lontani; una sorta, insomma, di ritratto, di quadro, di dipinto moderni.
Inoltre, all’epoca il tempo di posa richiesto era lunghissimo: ottenere un sorriso naturale sarebbe stato praticamente impossibile.
Strane “presenze” nei ritratti fotografici di bambini
Nelle vecchie foto dove i soggetti principali sono bambini molto piccoli, spesso si notano strane figure vestite di nero sullo sfondo: di solito sono le madri, in un “outfit camaleontico” che permetta loro di tenere i piccoli fermi in posa aspettando lo scatto. Nulla di macabro, insomma!
Foto post-mortem
Decisamente più creepy, invece, le foto post-mortem fatte ad adulti e bambini, una pratica che oggi ci sembra assurda ma che in passato era assiduamente rispettata.
Il motivo è da ritrovarsi nel fatto che in epoca vittoriana (fine Ottocento), il tasso di mortalità infantile era molto alto, anche perché medicina ed igiene non erano certo ai livelli odierni: per i genitori, avere un ricordo dei propri bambini, spesso, coincideva con la sola possibilità di fotografarli una volta morti, senza contare che si trattava di un vero e proprio rito sociale che si ripeteva anche con gli adulti, per celebrare la “vita” dell’anima oltre il corpo fisico e lasciare un ricordo di “vitalità”, appunto, facendo assumere a questi corpi delle pose naturali, come fossero ancora viventi. Da qui è facile comprendere, quindi, anche gli occhi aperti, la presenza di altre persone, la voglia, insomma, di rendere usuale e realistico uno scatto che si sarebbe dovuto conservare per sempre, come una sorta di ultimo addio.
La nascita della fotografia digitale
Infine, in quest’epoca completamente “pixelata”, vale la pena fare anche un piccolo viaggio nel passato recente, andando al momento in cui è stata creata la fotografia digitale: siamo nel 1957, con il primo scatto digitale fatto dallo scienziato Russell Kirsch. Le prime macchine fotografiche digitali, però non arrivano ad essere sperimentate prima degli anni 70, mentre negli anni 80 fanno capolino le prime scansioni e, nel 1986, la Kodak presenta il primo sistema basato su megapixel. Forse anche prima di quel che ci si potrebbe aspettare!
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